Gabriele Concato, HawaiiAqui
LoGisma, 2004. 152 p., dis., 13x20,5 - ISBN 88-87621-45-4 - Euro 12,00


“Ci ostiniamo a tentare sempre la via più breve:

cambiare il mondo, 
nonostante l’unica cosa che possiamo realmente modificare
sia solo noi stessi”.

 

Isola del Sale

Santa Maria Beach – Capo Verde

21 Settembre 2002

Un senso di avvilimento misto a tristezza e nostalgia, una miscela negativa generata dall’invasione del turismo dei “forzati della società”. La fine sabbia d’orata sul lembo sud di Santa Maria, le piccole dune modellate in milioni di anni dall’incessante aliseo di nord est, la bassa e rada vegetazione endogena che da tempi immemorabili ingaggiava la lotta per la sopravvivenza con il deserto, le nere e lisce roccie basaltiche emerse dall’oceano prim’ancora che la terra partorisse la vita, una intera striscia di congiunzione tra i bassi fondali, di un’oceano ancora intatto e cristallino, e la spiaggia. È finita, finita per sempre, distrutta, cancellata dai cingoli di mostri meccanici: le ruspe, che come gomme per cancellare, avanti e indietro, hanno rimosso la grafite. Ora una grande arida spianata fa posto, asettica, a migliaia di lettini assiepati per la massa assatanata. Addio, addio Santa Maria Beach, il mondo bisogna scoprirlo prima che arrivi la lunga mano del progresso, dopo non sarà mai più lo stesso.

È un controsenso combattere contro il mondo quando il nostro nemico è dentro noi stessi, semplicemente perché il mondo altro non è se non come noi ci poniamo di fronte ad esso. Per ognuno di noi è un mondo diverso. Non posso fare a meno di ricordare il famoso “Naso di Gengè” in Uno, Nessuno, Centomila di Pirandello. Combattendo il proprio mondo riflesso non facciamo altro che combattere noi stessi. Siamo noi che dovremmo adottare il mondo reale, quello esterno, quello che ci è stato donato da Dio con tutte le sue leggi, adattandolo al nostro mondo interno e non tentare di far adottare al mondo reale il nostro mondo interno. Così, scontenteremmo tutti dal momento che ognuno ha dentro di sé un mondo unico, un mondo diverso, mentre noi vorremmo imporgli il nostro. Legittimo diritto così avrebbe l’altro di tentare di imporci il suo, assurdo. Bella gazzarra ne verrebbe fuori. Ed infatti è una bella gazzarra quella causata da tutte le ideologie. Queste vorrebbero imporre agli altri il loro modo di intendere la vita, quando ognuno ha il suo proprio, unico e irripetibile modo di viverla e nessuno è più giusto o più sbagliato dell’altro. Tentare di cambiare il mondo è prevaricazione bell’e buona. 

Mi viene in mente per fare un esempio delicato, senza dover andare a scomodare i fallimenti del passato remoto, una recente risoluzione dell’Unione Europea che bandiva i forni a legna. Addio alla pizza, al pane di Ariccia e all’abbacchietto al forno con le patate. Ebbene quella risoluzione ci fece ridere, tant’è che il Tg1, il quale aveva dato la notizia per primo, dovette fare dietrofront appena ventiquattr’ore dopo dicendo “... ci siamo sbagliati...”, ah, ah, ah, siamo tutti morti dalle risa, perché piuttosto che rinunciare ai forni a legna gli Italiani avrebbero rinunciato all’Europa. Dovremmo, invece di continuare ciecamente ad azzuffarci, concentrare i nostri sforzi nel tentativo di cambiare il rapporto che noi stessi abbiamo con il mondo esterno. Cambiare se stessi. Crescere maturando la consapevolezza che quanto più tentiamo di cambiare il mondo che ci circonda tanto più rapidamente avanziamo verso l’infelicità e l’auto-annientamento. Considerato però che cambiare se stessi è molto più difficile, ci ostiniamo a tentare sempre la via più breve: “cambiare il mondo”. Ma la storia continua ad insegnarci che questa è una strada chiusa.

Noi non abbiamo nessuna facoltà di modificare il mondo che ci circonda, ma certamente possiamo modificare noi stessi. Questo percorso di modifica del proprio essere si chiama “crescita” e questa deve essere una costante. Chi pensa che a una certa età è ormai “cresciuto” si sbaglia di grosso. La crescita non termina mai e non è direttamente proporzionale all’età bensì alle esperienze e ad un atto di volontà consapevole. Senza consapevolezza non c’è crescita. Attenzione, crescere non significa gettare a mare ciò che di buono già abbiamo. Non significa rinunciare a certe emozioni solo perché molti le giudicano infantili o non confacenti ad un uomo adulto. Quante volte mi sono sentito dire: “ma quando cresci?” ed istintivamente mi è sempre venuta la voglia di rispondere: “se crescere significa perdere la parte migliore di me, preferisco non crescere”. Crescere significa essere consapevoli delle cose e tendere a modificare ciò che internamente al nostro essere non collima con il mondo esterno. Non, invece, cercare di modificare il mondo esterno per farlo collimare con il nostro essere. Grande errore.

Come in tutte le cose la via più facile per l’apprendimento consiste nell’osservare chi ha già raggiunto un livello superiore al nostro, come nello sport. L’emulazione dei più bravi aiuta moltissimo. Migliorare è possibile, posto che lo si voglia veramente. Possiamo imparare qualcosa di buono da chiunque, tutti hanno dei pregi, hanno qualcosa da darci. Una via per una sana e rapida crescita transita sempre per due percorsi obbligati e paralleli: le esperienze dirette e la libreria. Il primo, solitamente, a nessuno manca. Il secondo, troppo spesso è sottovalutato. Leggendo con serenità, anche solo cinque pagine al giorno, dopo un mese scopriremo con piacere di aver letto un libro e dopo un anno di averne letti dodici e dopo tre anni di averne letti trentasei e cominceremo a notare, senza quasi avvertirlo, che il cervello comincia a reagire diversamente agli stimoli della vita. Il cambiamento, a questo punto, è in atto in modo irreversibile. Per apprendere il surf da onda ho trascorso innumerevoli lunghi inverni nell’acqua gelida senza mai illudermi che imparare a vivere potesse essere più facile ed indolore che imparare a surfare. Se non siamo disposti a fare dei sacrifici non faremo mai dei progressi, in nessun ambito della vita.

Senza disciplina non si ottiene nulla, si può solo andare allo sbando. Il fatto che qualcuno si lamenti sempre delle stesse cose è dovuto al fatto che non fa progressi, è statico è inchiodato, si piange addosso. Non dimenticare: “Aiutati che il ciel t’aiuta”. Caro amico mio, fare progressi costa caro e, se non sei disposto a pagarne il prezzo, smetti di lamentarti e accontentati di ciò che hai.

 


Gabriele Concato, HawaiiAqui
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